domenica 22 gennaio 2017

Genio del Cattolicesimo e tristi teorici della neochiesa e di altre eresie. Una citazione del Cardinale Newman sulla Chiesa di sempre

Il romanzo di John Henry Newman Loss and Gain (it.: Perdita e guadagno, Jaca Book, Milano 1996), uscito nel 1848, tre anni dopo la conversione del suo autore alla Chiesa cattolica, ripercorre in forma letteraria, grazie al protagonista, Charles Reding e ai suoi amici, la ricerca religiosa e intellettuale che aveva avvicinato Newman e i suoi amici del Movimento di Oxford ai dogmi e alle forme liturgiche cattoliche. 
Sullo sfondo di questo dibattito, che vide confrontarsi, nel romanzo come nella vita, le vecchie dottrine della Chiesa d'Inghilterra con i semper eadem della Chiesa dei Padri, non mancano profonde riflessioni sulla Chiesa stessa e sull'insopprimibile importanza del Papato per il sistema cattolico. Queste osservazioni sono tanto più interessanti perché i giovani studenti di Oxford godevano di una fortunata prospettiva teologica che, in parte senza loro reale merito, li costringeva a guardare al Concilio di Trento, e quindi al loro stesso futuro in cui si sarebbero profilati più in là il Concilio Vaticano I e il dogma dell'infallibilità, con gli occhi della Chiesa antica e di quella medievale.
É questo il caso della breve conversazione che riportiamo di seguito. In essa il Papa appare il titolare di una auctoritas tra altre auctoritates alle quali egli stesso è tenuto - qui in particolare l'autorità del suo cerimoniere. 
La prospettiva di Newman e degli infallibilisti moderati risultò vittoriosa al Concilio Vaticano I, ma l'interpretazione del dogma che di fatto finì per prevalere fu quella che oggi diremmo sovranista (vedi qui le nostre riflessioni). Molte delle difficoltà attuali derivano proprio dal fatto che, contro la stessa Tradizione della Chiesa, la auctoritas del Pontefice ha finito per dissolversi in una sola potestas suppostamente infallibile e perciò capace di fagocitare ogni distinzione tra autorità e potestà, tra amministrazione e magistero, tra magistero ordinario e magistero infallibile nella Chiesa. Bisogna constatare che, dopo il 1870, alcuni Papi assecondarono questa tendenza ripetendo ineccepibilmente i contenuti della Tradizione più su un fondamento potestativo e volontario, "sovrano" appunto, che autoritativo  e dichiarativo, e che i fedeli si abituarono facilmente a questa potestà liberandosi di ogni dovere di discernimento. Tutto andò apparentemente bene fino al Concilio Vaticano II, quando si decise di cambiare disco e musica.
Lo spettacolo presente, che prende avvio dalla polemica su un eventuale accordo tra la FSSPX e le autorità romane e finisce per condizionare la comprensione di ciò che è la Chiesa, è fortemente condizionato da questo sviluppo eterogeneo. Da una parte si registra infatti la tendenza a sussumere tutta la Chiesa e il Cattolicesimo sotto la costante volontà e sovranità di un Papa dalle concezioni personali del tutto stravaganti, e a dichiarare "non cattolico" tutto il non sussumibile, e dall'altra, in base allo stesso principio e alla constatazione delle opinioni personali del Papa e dei suoi discorsi eterodossi, si proclama per coerenza la completa falsità di quell'istanza trascinando rovinosamente anche l'auctoritas di dichiarare infallibilmente la verità di fede - un'autorità senza la quale non c'è sistema cattolico (così ancora Newman!) e alla quale, in maniera del tutto cattolica, si sono sempre rivolti i superiori della FSSPX, da Monsignor Marcel Lefebvre a Monsignor Bernard Fellay (vedi qui). 
Mentre al primo orientamento appartengono la componente progressista che vede in Francesco il congiungimento del sistema cattolico con le sorti progressive della storia in cui risiederebbe la verità ultima dell'uomo, e la componente conservatrice devota al dogma, un po' prussiano e un po' positivista, del comando sovrano, al secondo orientamento deve essere assegnato il sedevacantismo e, ultimamente, quella pericolosa forma di donatismo ecclesiologico che tende a vedere nella Chiesa visibile guidata da Francesco una nuova Chiesa, un apocrifo della vera Chiesa di Cristo, occultatasi in qualche Tibet spirituale o montagnola ortodossa, una "neochiesa" (Monsignor Williamson) e infine, secondo un collaudato e sempre efficace paradigma luterano, una "chiesa anticristica". Il breve dialogo di Loss and gain apre invece uno scorcio sulla Chiesa visibile che in definitiva, sotto le piaghe e le ferite dolorose infertele dall'orgoglio e dall'ignoranza di un clero infedele, è la Chiesa di sempre.

"Oh, è il genio della Chiesa cattolica", disse White, "lo capirà meglio col tempo. Nessuno è padrone di se stesso; neppure il Papa può fare quello che vuole; pranza per conto suo, e parla secondo i precedenti".
"Certo", disse Charlotte, "infatti è infallibile".
"Anzi, se fa degli errori durante le funzioni", continuò White, "è tenuto a metterli per iscritto e a confessarli, per tema che diventino precedenti".
"E durante le funzioni è tenuto a fare quello che gli ordina il cerimoniere, anche se lui non la pensa così", disse Willis.

(John Henry Newmman, Perdita e guadagno, Jaca Book, Milano 1996, p. 89)


Nessun commento:

Posta un commento