sabato 18 ottobre 2014

Ideologia e fenomenologia dell'emancipazione. Una pagina di Robert Spaemann per comprendere la rivoluzione kasperiana



Robert Spaemann, probabilmente il più grande filosofo tedesco (e cattolico) vivente, ha svolto nei suoi scritti un'importante critica all'ideologia dell'emancipazione che costituisce un momento essenziale del soggettivismo moderno.
Riportiamo qui di seguito, nella nostra traduzione, una pagina tratta dall'opera autobiografica di Spaemann
Von Welt und Gott (Stuttgart 2012, Klett-Cotta,  pp. ; ed it. Dio e il mondo, Siena 2014). Il filosofo vede nell'emancipazione moderna la pretesa del soggetto di affermarsi su ogni realtà data (Gegebenheit), sia essa retaggio, tradizione oppure ordine naturale. Il soggetto emancipato e il gruppo degli emancipati, che si auto- eleva a élite rivoluzionaria, assumono il compito di guidare tutti gli altri verso la liberazione dalla tradizione e dalla natura - dalla stessa datità del sesso.
In questo senso le riflessioni di Spaemann rappresentano un sicuro parametro per comprendere l'ideologia dominante e la fenomenologia dei Kasper, dei Bruno, dei Schönborn, e di chi li fomenta, insomma della "componente progressista" ed eterodossa che sta sferrando un attacco mortale alla Chiesa universale.


Dalle rivolte degli anni 1967-1969 è scaturita un'ideologia che ancor oggi produce i suoi effetti. Ne è l'essenza un determinato concetto di emancipazione. Con essa si sostiene una concezione di libertà in base alla quale gli uomini devono emanciparsi da condizioni delle quali non sono essi stessi gli artefici. Tutto ciò che appartiene al retaggio tradizionale, ciò che si definisce costume, deve essere abbandonato, dissolte tutte le cose che appaiono ovvie e naturali. Bisogna emanciparsi anche dalla natura.

Le conseguenze tardive di questa idea di emancipazione si colgono nel fatto che oggi molti rifiutano di riconoscere l'appartenenza a un sesso come un dato naturale. La società dovrebbe perciò impegnarsi a far sì che la questione del sesso possa essere decisa liberamente da ogni essere umano. Mentre si plaude al cambiamento chirurgico del sesso, la possibilità, garantita dalla psico-terapia, di mutare l'orientamento omosessuale in eterosessuale è combattuta rabbiosamente. In ciò si vede infatti un pregiudizio reazionario che fa dell'orientamento eterosessuale la norma e ne stabilisce la conformità alla natura. Proprio da queste premesse sarebbe però necessario emanciparsi. Tutto ciò che è dato, come la propagazione del genere umano tramite la congiunzione carnale,  deve essere rivisto, manipolato. Così il Famulus Wagner nel Faust di Goethe:

Behüte Gott! Wie sonst einst das Zeugen Mode war,
Erklären wir für eitel Possen

Iddio me ne guardi! L'antico modo di generare,
Noi l'abbiam dichiarato pura farsa


In base al concetto classico di emancipazione si poteva stabilire con precisione da quale vincolo si intendeva liberarsi e quando la liberazione si sarebbe compiuta. Per esempio la liberazione degli schiavi si realizzò come emancipazione nell'istante in cui fu abolito lo status di schiavo.

Il moderno concetto di emancipazione si riferisce ad alcunché che non ha mai fine, perché il soggetto è costantemente impegnato nella lotta contro l'esistente. Questa forma di emancipazione non può mai pervenire a un compimento. Il che però significa privilegiare permanentemente gli emancipatori rispetto ai loro protetti, ossia rispetto a tutti gli altri. Infatti coloro che hanno già fatto progressi, hanno il diritto di dettar regole agli altri. Una volta al principio degli anni Settanta Peter Handke scrisse  che le persone che vogliono sempre le stesse cose non dovrebbero avere gli stessi diritti di coloro che vogliono un cambiamento. Perché dovrebbe essere così? Non è forse vero il contrario?

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